Abstract

In questo testo si affronta, a livello ontologico, la questione della tecnica in relazione allo sviluppo del digitale. Parlare di “tecnontologia digitale” implica che il digitale porta alla luce l’homo technicus in maniera peculiare rispetto alla dimensione analogica. Non avviene un processo di smaterializzazione, bensì di ridefinizione della materia e di pervasività della dimensione digitale nei confronti della nostra corporeità e della nostra esistenza quotidiana. Viene proposta una lettura della relazione con la tecnologia digitale basata sulla fenomenologia della carne, traendo spunto dalle riflessioni di Merleu-Ponty ne Il visibile e l’invisibile. Si mostra che la carne, tessuto comune della corporeità del mondo, rende possibile concepire la relazione tra tutti gli enti secondo un’ontologia piatta. Questo consente di vedere il rapporto con il digitale come compartecipazione e di riconfigurare il problema della responsabilità legato ai dispositivi, ai robot e alle piattaforme digitali. In this paper the issue of technology in relation to its digital developments is addressed from an ontological point of view. The idea of “digital technontology” implies that the digital brings out the homo technicus in a unique way that differs from what happens in the analog dimension. What occurs is not a process of dematerialization, but a redefinition of the matter and a clear pervasiveness of the digital dimension in our corporeity and daily existence. This paper offers an interpretation of the relation between humans and digital technology based on the phenomenology of the flesh, taking inspiration from what Merleau-Ponty writes in The Visible and the Invisible. The idea of flesh, which is the common body of the world, allows us to conceive the relation among all beings according to a flat ontology. In this way, the relation between us and the digital can be seen as a form of involvement and the problem of responsibility concerning devices, robots, and digital platforms can be reconfigured accordingly.