Abstract
Lo studio inquadra l’ambivalente rapporto di S. Girolamo con la filosofia antica nel contesto romano di fine IV secolo: come Ambrosiaster, anche Girolamo considera la filosofia un esercizio di dialettica e utilizza l’opposizione fra filosofi e apostoli pescatori per teorizzare uno stile umile nell’esegesi. Tuttavia, non rinunzia all’eredità della cultura classica, proponendo un uso cauto e selettivo della filosofia, attraverso la metafora della “bella prigioniera”. La filosofia è recuperata come anticipazione della vita ascetica, concepita come “vera filosofia”, e dà il suo apporto all’esegesi biblica a livello metodologico e contenutistico sulla base della tripartizione in etica, fisica e logica e di uno studio fondato sulle auctoritates. Il commentatore delle Scritture è per Girolamo il vero philosophus Christi, in quanto la Scrittura è la vera sapienza da ricercare.