Abstract
Jindabyne si apre con l’uccisione di una giovane donna aborigena; tuttavia il punto su cui questa pellicola effettivamente si concentra è il modo in cui la gente reagisce a questo delitto. Per questo motivo, questo film ci dice molte interessanti verità sui rapporti interrazziali nell’Australia di oggi. La mia proposta è quella di leggere Jindabyne come un’utile allegoria nazionale ; il film è una mappa o una cartografia che ritrae i luoghi comuni politici e culturali nella fase storica attuale. Al fondo della mia ipotesi sta il fatto che non possa essere solo una coincidenza il fatto che Jindabyne dia un tale spazio al problema dell’apologia culturale in questa particolare congiuntura della storia australiana. Anche se questo aspetto del film ha avuto poco risalto in alcune delle recensioni che ne hanno accompagnato l’uscita, mi colpisce il carattere sintomatico della tempistica: si tratta di un tema che, come una volta Deleuze ebbe a dire a proposito della differenza, era già nell’aria. Prodotto solo due anni prima dell’apologia nazionale ufficiale del primo ministro australiano Kevin Rudd agli indigeni d’Australia il 13 febbraio 2008, Jindabyne risponde a un complesso insieme di problemi culturali che erano all’ordine del giorno della politica nazionale dal 1995, quando fu reso noto Bringing Them Home, il rapporto della Commissione sulle Pari Opportunità e sui Diritti Umani relativo all’inchiesta di carattere nazionale vertente sulla cosiddetta “Generazione Rubata”.