La morte dell’essere umano. Scienza o filosofia nell’accertamento del decesso?
Abstract
Nel quarantesimo anniversario della pubblicazione del rapporto di Harvard, ricordato da un editoriale di Lucetta Scaraffia sull’ “Osservatore Romano” il 3 settembre 2008, la riflessione sui criteri neurologici per accertare il decesso è sembrata giungere finalmente all’attenzione del pubblico italiano, dopo i dibattiti avviati nello scorso decennio in Gran Bretagna, Germania, Giappone e negli Stati Uniti. Per alcuni giorni sulle pagine dei quotidiani nazionali si sono alternate repliche, più o meno indignate, a quell’articolo e prese di posizione; poi, come è d’uso, le luci si sono spente ed il sipario è ancora una volta calato su una problematica neppure scalfita dalla ribalta giornalistica.
In questa sede intendiamo chiarire come la discussione sull’uso dei criteri neurologici per determinare il decesso non sia frutto di un mero dissenso filosofico o teologico (impressione che un frettoloso lettore di quotidiani potrebbe avere ricevuto) sul significato della morte e dell’essere morto; il ripensamento dei fondamenti teorico-scientifici addotti per giustificare l’impiego di quei criteri è stato originato da evidenze empiriche, delle quali proprio dei medici sono stati testimoni.