Abstract
La città del futuro non può che essere “città delle compresenze” dove coesistono conflitti, tensioni e differenti modelli. Esperienze che negano la distinzione centro-periferia e lavorano sulla fisicità della città con ambizioni di carattere immateriale. Non si esauriscono in aridi funzionalismi: affermano la necessità di “eccedenza” per ridare senso e bellezza agli spazi urbani. Gli spazi per l’istruzione dovrebbero essere quelli capaci di registrare con maggiore rapidità il cambiamento, soprattutto perché ricchi di funzioni sconosciute. Sintetizzano il percorso evolutivo che, nelle tante esperienze nelle regioni del Mediterraneo, motivano l’opporsi all’idea di campus di derivazione anglosassone. Chi “progetta” sopporta il presente perché ha la fortuna di vivere proiettato nel futuro. Oggi immagino città che leghino memoria e futuro, che esprimano senso nei propri spazi; prive di “non luoghi”, ma ricche di “luoghi di condensazione sociale”; città capaci di accogliere; di rendere semplice e facile la vita a tutti, bambini, adulti, anziani; di esprimere integrazione, non più separazione.