Abstract
C’è una domanda che sorge spontaneamente: perché mai dovremmo essere interessati a generi di opere quali il terrore e la tragedia? Com’è possibile che questi generi continuino a persistere? Come possiamo spiegare la loro stessa esistenza? O meglio, perché mai qualcuno dovrebbe voler provare emozioni negative quali la paura, il terrore e la tristezza? Poi, come funziona, che più c’è da soffrire e più gli spettatori sono contenti? Si ammetterà che, se le cose stanno davvero così, si tratta di u...