Abstract

La norma della vera etica è stata identificata da Kierkegaard con il dovere di amare il prossimo, di operare per il suo bene. Poiché il bene dell’uomo è visto consistere nell’affidamento a Dio, l’amore cristiano non si esprime anzitutto in benefici di ordine materiale, ma nella diffusione dell’evangelo e nello stimolazione nel prossimo della fede. In questa prospettiva, Kierkegaard contrappone alla beneficenza la misericordia, che può e deve essere esercitata da tutti gli uomini e li pone su un piano di parità, e la sua affermazione che l’uomo è responsabile di fronte a Dio di tutte le proprie azioni viene a significare che è responsabile anche del rapporto alla verità del prossimo. Soltanto la grazia salva, ma la coscienza della propria sostanziale impotenza non esime nessuno da quest’obbligo; mette piuttosto in luce come l’amore cristiano, di cui la misericordia è una manifestazione, sia un amore ‘inutile’, paradossale, che proclamando la necessità dell’affidamento a Dio sottolinea la sostanziale uguaglianza di tutti gli uomini.Kierkegaard identifies the principle of the real ethics with the precept of loving the neighbour and operating for his good. Since Kierkegaard conceives the human good as the trust in God, Christian love is not primarily expressed through material benefits, rather, through the spread of the Gospel and the exhortation to believe in God. In this perspective, Kierkegaard opposes charity to mercy. The second one can and must be practiced by all men, ranking everyone at the same level. Kierkegaard’s assertion that men are responsible before God for all their actions means that they are also responsible for their neighbour’s relationship with the Truth