Abstract
L’interlocuzione con la psicologia e la psicoanalisi, in particolare con il
pensiero di Sigmund Freud, costituiva una delle componenti fondamentali
dell’approccio multidisciplinare della prima generazione della Scuola di
Francoforte. Ridimensionato da Habermas, tale aspetto torna ad assumere
una posizione di rilievo nella concezione elaborata da Axel Honneth, ad oggi
considerato il più autorevole prosecutore dell’eredità francofortese. In
questo articolo mi propongo di ripercorrere criticamente gli sviluppi attraversati
dalla concezione psicologica elaborata da Honneth. Inizialmente
riassumerò la prospettiva originaria che Honneth delinea in Lotta per il riconoscimento,
la quale permane fin nell’articolo del 1999 Teoria delle relazioni
oggettuali e identità postmoderna. Nel secondo paragrafo mi concentro
invece sui temi delle origini psicologiche del misconoscimento e del
«negativo», rispetto ai quali, in una serie di articoli pubblicati tra il 2001 e
il 2002, Honneth compie diverse messe a punto della sua concezione, con
esiti talvolta problematici. Nel paragrafo successivo considero infine la fase
più recente delle riflessioni psico-analitiche honnethiane, che è anche la più
vicina al programma della prima generazione di teorici critici francofortesi:
qui Honneth rivolge la sua attenzione alle condizioni psicologiche individuali
della cittadinanza democratica, giungendo a una interessante sistematizzazione
delle sue prospettive. Tuttavia, come proverò a mostrare nelle
conclusioni, tali riflessioni sarebbero state condotte alle loro coerenti
conseguenze politiche e sociali solo se, nell’esporle, Honneth avesse messo
a tema anche le necessarie condizioni sostantive – di tipo materiale, relazionale
e culturale – che, per preservare una disposizione alla democrazia e al
pensiero critico, andrebbero assicurate nella società a tutti i cittadini.