Abstract
Se è nel tempo e attraverso il movimento che partecipiamo alla vita, la morte ci nega per sempre questa possibilità. Nei sistemi viventi il tempo funge da organizzatore della situazione vitale dell’organismo. Il metabolismo e le funzioni vitali si compiono infatti attraverso lo scandire preciso e incalzante di ritmi biologici. Con la morte si verifica il disgregamento della nozione di tempo. Non si tratta più del tempo della vita che unisce, che coordina, che costruisce, che organizza. Il tempo della morte è un tempo che distrugge, che disgrega, che disorienta, che sfilaccia l’unità della nostra esistenza nei frammenti non più ricomponibili di un puzzle. Ma la morte non è un fatto solo individuale, osserva lo psichiatra Eugène Minkowski in Le temps vécu. La morte, infatti, pone anche fine a tutte le relazioni di affetto, parentela e amicizia che ci hanno accompagnato durante la vita. Nell’articolo mostro come, a partire dalla riflessione di Minkowski, si possa parlare della morte da una duplice prospettiva di tempo vissuto: la morte come evento che impone una riflessione sulla finitudine umana, e come esperienza del vissuto individuale, oppure della morte patologica, la quale implica la morte del vissuto, ossia del contatto vitale costitutivo dell`esistenza umana.