Abstract
Partendo dall’idea che il vero punto di partenza della Critica del Giudizio non sia la questione del giudizio di gusto, o della bellezza, ma la questione delle facoltà dell’anima e del loro sistema, l’autrice ha cercato di stabilire un legame tra la fisionomia del giudizio di gusto e la fisionomia ulteriore e più nuova che sensibilità, intelletto e ragione acquisiscono nella Critica del Giudizio in rapporto alle due Critiche precedenti. Il sentimento del piacere e dispiacere deve essere interpretato come una ulteriore funzione del giudicare, una ulteriore presupposizione trascendentale dell’esperienza, che prepara sia il lavoro dell’intelletto che conosce scientificamente, sia il lavoro della ragione che giudica eticamente. Questa condizione ulteriore, così peculiarmente soggettiva, comporta una nozione di soggettività tale da suggerire un sistema delle facoltà quale incrocio del piano costitutivo e di quello riflettente/riflessivo delle condizioni dell’esperienza