Aphex 7:674-710 (
2013)
Copy
BIBTEX
Abstract
John Austin (1911-1960) è stato uno dei filosofi britannici più influenti del suo tempo, per il rigore del pensiero, la personalità straordinaria e il metodo filosofico innovativo. A parere di John Searle Austin era molto amato e molto odiato dai contemporanei – disorientati da un pensiero che sembrava distruggere più che costruire, sfidare l'ortodossia della filosofia tradizionale ma anche dell'allora imperante empirismo logico, senza sostituirvi nessuna confortante nuova ortodossia. L'opera di Austin è tuttavia oggi poco conosciuta e gli elementi di novità della sua riflessione non sufficientemente apprezzati. Costituiscono un'eccezione due risultati, universalmente riconosciuti e celebrati: da un lato la tecnica di analisi filosofica – quella versione della "filosofia linguistica" praticata da Austin con la pazienza, il rigore e il talento di un entomologo; dall'altro la teoria degli atti linguistici. Austin viene ricordato soprattutto per aver evidenziato la dimensione performativa che permea ogni nostro proferimento: con uno slogan diventato famoso, ogni dire è anche un fare. Una tesi con ripercussioni in aree di ricerca molto diverse, dalla filosofia del linguaggio all'etica, dalla filosofia politica al diritto, dalla linguistica alla filosofia femminista. Ci concentreremo qui sui contributi di Austin alla filosofia del linguaggio, ma faremo cenni anche estesi ai suoi contributi in epistemologia e teoria dell'azione, nonché al vivace dibattito che a partire dalla teoria degli atti linguistici si è sviluppato negli anni '60 e '70. Un dibattito che è tornato ad accendersi in tempi recentissimi nelle discussioni su libertà di espressione e censura.